Cronaca

Accuse shock a prete del Vibonese: “Sesso in cambio di un lavoro”

La denuncia ai carabinieri: "Di fronte al mio netto rifiuto per ritorsione mi ha sequestrato tutto quello che avevo. Mi appello alla Diocesi di Mileto perché intervenga"

prete-collare

Scandalo in canonica. Prete ci prova con un suo collaboratore. La vicenda, raccontata dalla presunta vittima, riguarda la parrocchia di un paesino del Vibonese.

La denuncia. Il tutto è stato messo nero su bianco in una denuncia presentata ai carabinieri. Una vicenda surreale che il diretto interessato ripercorre con fatica: “Incontrai per la prima volta il parroco lo scorso anno in questo paesino del Vibonese, pochi giorni dopo la festa patronale. Rimasi lì alcuni giorni e notai che qualcosa non andava quando al termine della celebrazione di un matrimonio, un altro giovane sacerdote ci raggiunse nella casa parrocchiale proponendo un rapporto a tre. Idea che respinsi con fermezza, al termine del quale andò via imbronciato. Non ne parlai con il parroco con cui collaboravo per pudore e dopo pochi giorni andai via, ritornando in Campania”. Due mesi dopo il giovane denunciante, che risiede in Sardegna, si recò nuovamente nel Vibonese per aiutare il sacerdote che "iniziò ad alzare le mani toccando le parti intime. E, come se non bastasse, l’altro sacerdote volle andare a fare un giro su Lamezia Terme utilizzando un’applicazione per incontri omosessuali, chiamata Grindr".



Avance insistenti. Le settimane successive le avance si sarebbero fatti più pesanti: “Il prete si prodigò per trovarmi un lavoretto da aspirante giornalista, mi regalò un cellulare nuovo dal prezzo modesto. Iniziai a chiedermi il perché e lo scoprii poco dopo, quando nuovamente mi toccò i genitali chiedendo “come sta Gigino?”. Toccamenti che si ripeterono in altre occasioni, chieste per sdebitarmi del suo attivismo, fintanto che persi la pazienza dandogli un ceffone all’interno della sacrestia”. Da quell’episodio, ci sarebbe stata un’escalation di torti e vendette da parte del sacerdote: “Per due giorni mi lasciò nella casa parrocchiale privo di acqua e cibo, fintanto che tentando un rappacificamento per la debolezza fisica sempre più consistente, svenni a Vibo Valentia in un’altra struttura della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea”. Poi aggiunge: “Una volta accompagnato in ospedale dal 118, stetti solo per diverse ore, fintanto che il parroco portò due persone del luogo che mi annunciarono di aver portato i miei beni quali indumenti e pc nella casa in cui svenni e che non dovevo far ritorno nella casa parrocchiale. Infatti, lì trovai lavoro nel santuario del paese, poiché il parroco tentando di mettermi a tacere chiese al Comune un contributo di 1.000 euro che sono stati accreditati al santuario e che personalmente non ho mai ricevuto nonostante la mattina andavo ad aprire e chiudere la chiesa. Mi disse di non dirlo in giro poiché in paese si sarebbe scatenata una rivolta visto che non ero del luogo".

La ritorsione. Questo l'epilogo: “Una volta dimesso gli ho chiesto di restituirmi i miei averi così da poter ritornare in Sardegna, mia terra di origine, visto che avevo lasciato la Campania per la Calabria. Questo non avvenne e al contrario venni minacciato dal sacerdote, da un ex fotografo e un veterinario della zona. Contattai allora il 112 che mi aiutò e l’indomani contattarono per ben due volte il parroco che non si presentò alla Stazione dei carabinieri. Così decisi di tornare in Sardegna con solo gli indumenti che portavo addosso e privo del restante materiale che mi è stato restituito in questi giorni, benché manchi ancora una cartella clinica indispensabile per poter curare una disfunzione alla gamba”.

L'appello. Della vicenda è stato informato lo scorso 15 giugno il vicario diocesano che avrebbe informato il vescovo, monsignor Luigi Renzo. Nonostante la querela composta da 6 pagine ricche di particolari, nessuna azione è stata intrapresa, almeno per momento. Il giovane si dice rammaricato e allo stesso tempo sereno, conscio che le "autorità troveranno conferma alle sue parole, soprattutto per quanto riguarda l’utilizzo di applicazioni non proprio in linea con i dettami della Chiesa Cattolica".

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