Cronaca

‘Ndrangheta, arrestato il latitante Paolo Alvaro. Era in bunker sotto casa

Il latitante era ricercato dal 2009  per associazione mafiosa e altri reati in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Reggio

Era nascosto in un bunker realizzato all’interno di un capannone adiacente alla sua abitazione a Melicuccà, Paolo Alvaro, il latitante catturato questa mattina dai carabinieri del comando provinciale di Reggio Calabria. Era ricercato dal 2009 per associazione mafiosa ed altri reati che gli sono costati una condanna a sei anni e sei mesi di reclusione.

Il blitz. La sua latitanza è terminata all’albaquando i militari del Reparto operativo,  insieme ai colleghi dello Squadrone Cacciatori Calabria e della Compagnia di Palmi, hanno fatto irruzione all’interno del bunker di circa quindici metri quadrati al quale si accedeva tramite una botola scorrevole su binari, ricavato nel pavimento di un capannone adibito a rimessa.

Il profilo. L’uomo, ritenuto affiliato all’omonima cosca, detta “carni i cani”, era sfuggito all’arresto in occasione dell’operazione Virus ed era ricercato in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Reggio Calabria su richiesta della Direzione distrettuale antimafia. Alvaro è ritenuto responsabile di aver fatto parte della cosca omonima, attiva a Sinopoli, Sant’Eufemia d’Aspromonte, Cosoleto, Villa San Giovanni, Reggio Calabria e altri comuni della Piana di Gioia Tauro, con ramificazioni a Roma e Torino, e dedita al conseguimento di ingiusti profitti e vantaggi attraverso il controllo del territorio e delle relative attività  economiche e produttive.

La cosca Alvaro. Insieme al padre Domenico, Paolo Alvaro si sarebbe prodigato per assicurare la latitanza del capo cosca Carmine Alvaro, fornendogli supporto logistico, rapportandosi con lo stesso per diramare i suoi ordini agli associati e per il compimento delle attività della cosca. In particolare, secondo l’accusa, ha messo a disposizione del boss la propria masseria in contrada Caracciolo, nel comune di Melicuccà, dove il latitante aveva trovato rifugio e base logistica e che utilizzava per incontrarsi con gli altri associati per la gestione degli affari della ‘ndrina. Incontri ai quali partecipava lo stesso Paolo Alvaro che avrebbe svolto anche funzioni di vigilanza in favore del capocosca latitante e avrebbe fatto da tramite tra il boss e gli altri associati, in particolare per la gestione delle operazioni di riciclaggio di valuta estera.