Cronaca

‘Ndrangheta, gli intrecci tra i Mancuso e gli imprenditori per il controllo di Vibo Marina

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Dall’avviso di conclusioni indagini dell’inchiesta antimafia “Costa pulita” emerge un spaccato di interessi e condizionamenti dell’imprenditoria locale

di MIMMO FAMULARO

Nomi “eccellenti” tra gli 86 destinatari dell’avviso di conclusioni indagini recapitato nei giorni scorsi dalla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro nell’ambito della maxi-inchiesta meglio conosciuta come “Costa pulita”. Al centro dell’indagine – coordinata a suo tempo dai sostituti procuratori Camillo Falvo e Pierpaolo Bruni – ci sono i Mancuso e i clan satellite degli Accorinti di Briatico e Il Grande di Parghelia.

‘Ndrangheta a Vibo, “Costa Pulita”: inchiesta chiusa. Nomi “eccellenti” tra gli 86 indagati

Cosmo Michele Mancuso

Cosmo Mancuso

Le mani sul porto. Molto ruota intorno ai boss Michele Cosmo Mancuso e Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”, rispettivamente zio e nipote. Per gli inquirenti sarebbero i promotori e gli organizzatori di una serie di azioni delittuose tese al controllo del territorio e delle attività economiche. Un controllo capillare che – secondo la Dda – si sarebbe concretizzato attraverso “la gestione di interi settori imprenditoriali e commerciali finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto o il profitto dei delitti”. Usura, estorsioni, violenze private, sistematicamente esercitate ai danni di commercianti ed imprenditori i reati a vario titolo contestati tra le 52 pagine che costituiscono l’avviso di conclusione indagini. Uno spaccato di assoggettamento criminale che sintetizza la forza intimidatrice dei Mancuso, i cui “tentacoli” avvolgono – da quanto emerge nell’inchiesta – anche il porto di Vibo Marina e l’area industriale di Porto Salvo. Ed è qui che entrano in scena imprenditori assai noti come Giuseppe (Pino) Lopreiato, titolare del ristorante dei vip l’Approdo e di uno degli hotel più noti della zona il Cala del Porto, e Michele “Lello” Fusca, attivo nel settore delle costruzioni e delle opere pubbliche.

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Pantaleone Mancuso

Pantaleone Mancuso

La tentata estorsione a Cascasi. Tra gli episodi contestati agli indagati spicca la tentata estorsione nei confronti dell’imprenditore Francesco Cascasi a quel tempo impegnato nel costituire una nuova società che avrebbe dovuto gestire un pontile all’interno del porto di Vibo Marina. In questo affare avrebbe voluto mettere le mani Pantaleone Mancuso, alias Scarpuni, unitamente al suo referente e uomo di fiducia Nazzareno Colace e a Giuseppe Lo Bianco, tutti e tre indagati “per avere, in concorso, provato a costringere Francesco Cascasi a cedere loro il 50% delle quote della società, che stava costituendo, a titolo gratuito”. In particolare Nazzareno Colace avrebbe minacciato l’imprenditore che “qualora non avesse aderito a tale richiesta, non avrebbe ottenuto i necessari provvedimenti autorizzatori per la gestione del pontile, così evocando – scrivono i magistrati della Dda – la notorietà dell’influenza della cosca sugli apparati amministrativi competenti”. Un’estorsione solo tentata per l’opposizione di Cascasi, tra i pochi imprenditori che hanno avuto il coraggio di non assoggettarsi ai Mancuso e di dire loro no. I fatti risalgono al 2001 e sono ricostruiti nell’inchiesta.

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Il ruolo di Pino Lopreiato. Un episodio che coinvolge anche l’imprenditore turistico Giuseppe Lopreiato, 66 anni, originario di Maierato, ma conosciutissimo a Vibo per essere il proprietario dell’Approdo e dell’hotel Cala del Porto. Già destinatario di un’interdittiva antimafia, il nome di Lopreiato viene questa volta associato a quello di Cosmo Mancuso con il quale è accusato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Secondo la Dda entrambi avrebbero cercato di costringere Cascasi a farli entrare nella compagine societaria per la gestione dell’ambito pontile. Le modalità sono simili ed anche l’epilogo che non porta a nulla per la ferma opposizione di Cascasi.

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Le accuse a “Lello” Fusca. E’ invece indagato per violenza privata aggravata dalle modalità mafiose Michele Fusca, meglio conosciuto come “Lello”, 75 anni di Vibo Valentia, imprenditore edile ed ex presidente del Nucleo industriale. L’episodio contestato risale al maggio del 2014 e chiama in causa anche il braccio destro di Pantaleone Mancuso, Nazzareno Colace. Quest’ultimo avvalendosi della “notoria appartenenza alla cosca Mancuso minacciava l’imprenditore Michele Mandaradoni”. Al centro degli interessi l’ex fiera nella zona industriale di Porto Salvo. Fusca è accusato, nello specifico, “di aver indotto Mandaradoni a desistere dalla prosecuzione dei lavori di bonifica”.

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