Crisi economica in Calabria, Bankitalia: “Pil in calo e 15mila lavoratori in meno”

Secondo il report annuale sull'economia regionale sono i giovani i più colpiti dalla crisi: "La riduzione delle assunzioni riguarderebbe particolarmente chi è entrato da poco nel mercato del lavoro"

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Quanto ha influito il Coronavirus sulla situazione economica – già in grave difficoltà – della Calabria? Tanto, almeno secondo Bankitalia che nel rapporto annuale su “l’economia della Calabria” scrive: “La crisi pandemica ha colpito l’economia calabrese in una fase di sostanziale stagnazione. Sulla base dei dati Istat e Prometeia, lo scorso anno il PIL calabrese in termini reali risultava ancora inferiore di 14 punti percentuali rispetto ai livelli del 2007; gli indicatori disponibili ne indicano per il 2020 un’ulteriore caduta”. Se la situazione era “di sostanziale stagnazione” prima, quindi, a causa dell’emergenza sanitaria è destinata a peggiorare ancora. A contribuire alla crisi anche le minori opportunità lavorative, con 15mila posti di lavoro in meno e i giovani in maggiore difficoltà. La soluzione? “La velocità di ripartenza dipenderà in parte dalla durata dell’epidemia e dall’efficacia delle misure di contrasto dell’emergenza”. “Tuttavia – sottolinea Bankitalia – come accaduto anche dopo le crisi del periodo 2008-2014, vi potrebbero influire negativamente i fattori strutturali che caratterizzano l’economia regionale e ne condizionano soprattutto la produttività e i livelli di investimento”.

Chi sta soffrendo di più la crisi? “Le nostre indagini prevedono una diminuzione del fatturato molto significativa per le aziende operanti in regione”. In generale ad essere colpiti “con effetti più intensi” sono state le imprese operanti nei settori sospesi dal 26 marzo: “Il settore più colpito nella fase attuale è quello dei servizi privati, in particolare i trasporti, il commercio al dettaglio non alimentare ed il comparto alberghiero e della ristorazione, che negli ultimi anni aveva sostenuto in misura significativa le dinamiche occupazionali”. Il settore terziario in particolare, soprattutto il comparto della ristorazione e alberghiero, registra da solo “quattro quinti delle perdite dei posti di lavoro”, a causa di un elevato ricorso al lavoro a tempo determinato. E la situazione non è, purtroppo, destinata a migliorare: “In prospettiva, il calo dei flussi turistici potrebbe ulteriormente compromettere i livelli occupazionali dell’intero comparto e del suo indotto”.

15mila lavoratori in meno rispetto al 2019. I dati forniti da Azienda Calabria Lavoro, si legge nel report, segnalano che “tra l’1 febbraio e il 31 maggio 2020 le attivazioni nette di nuovi contratti di lavoro alle dipendenze nel settore privato sono diminuite di circa 15.000 posizioni rispetto allo stesso periodo del 2019”. Il calo è riconducibile essenzialmente alle posizioni a tempo determinato, a fronte di una sostanziale stabilità di quelle a tempo indeterminato “anche in connessione al temporaneo blocco dei licenziamenti per 5 mesi previsto a decorrere dal 17 marzo”. Sulla riduzione dei posti di lavoro durante la crisi pandemica ha inciso, seppur in misura inferiore, “il calo delle proroghe dei contratti a termine già in essere”.

I giovani i più colpiti dalla crisi. Nel 2019 il tasso di disoccupazione si è ridotto al 21% (dal 21,6% del 2018), rimanendo ancora a un livello oltre il doppio di quello medio nazionale. La disoccupazione giovanile, sempre nel 2019, aveva registrato un leggero calo per il quarto anno consecutivo, pur mantenendosi molto più superiore rispetto al resto d’Italia. Sono proprio le generazioni più giovani che “potrebbero risentire in maggior misura delle ripercussioni negative della crisi innescata dalla pandemia”: “Come nelle recenti recessioni – spiega Bankitalia – la riduzione delle assunzioni e il mancato rinnovo dei contratti temporanei riguarderebbe particolarmente chi è entrato da poco nel mercato del lavoro”. E questo anche a causa di un notevole calo, nel primo trimestre del 2020, di coloro che cercano attivamente un lavoro: “Nella prima fase della pandemia è probabile infatti che i costi connessi alla ricerca di un impiego siano aumentati notevolmente a causa delle misure di distanziamento fisico”. Con la conseguenza di “un aumento dello scoraggiamento e conseguente calo dell’offerta di lavoro” che ha, inevitabilmente, peggiorato ancora di più la situazione di crisi. (a.s.)

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