Cronaca

‘Ndrangheta nel Vibonese, il pentito: “Ricevevo un misero stipendio dal clan”

Il compenso che gli veniva corrisposto era esiguo, e consisteva nell'effettuare estorsioni per conto della potente e ricca famiglia

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Il pentito Onofrio Barbieri, che da pochi mesi ha deciso di saltare il fosso e collaborare con la giustizia, sta rilasciando dichiarazioni in merito alla sua appartenenza ad uno delle consorterie di ‘ndrangheta più potenti del Vibonese.

Nello specifico, durante l’udienza del processo “Rinascita Scott”, ha divulgato il dettaglio del suo reddito mensile, il quale si attestava intorno ai 1000 euro al mese. Il suo ruolo consisteva nel perpetrare atti estorsivi per conto del gruppo Bonavota di Sant’Onofrio, che lo compensava come se fosse un loro impiegato.

Il collaboratore ha affermato al procuratore De Bernardo di non godere di alcun vantaggio o supporto extra. Questo stipendio risultava esiguo in confronto alla presunta ricchezza del clan che, secondo le accuse, era uno dei più facoltosi nel contesto della ‘ndrangheta nella zona di Vibo.

Barbieri, in sintesi, viveva in condizioni economiche precarie mentre il clan aveva a disposizione milioni di euro pronti per essere investiti. Il pentito ha spiegato: “Non mi lamentavo, poiché non avevo un lavoro e accettavo quanto mi veniva elargito”. Questo stipendio era fornito da Domenico Bonavota, il suo capo e amico d’infanzia, con il quale aveva frequentato la scuola insieme.

L’unico beneficio, secondo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, riguardava il pagamento delle spese legali, che venivano coperte da “loro”, cioè da Domenico Bonavota. Quest’ultimo, al termine dell’udienza, ha smentito il collaboratore di giustizia affermando: “Non ho mai provveduto a pagare gli avvocati di Barbieri, tanto è vero che non ho mai avuto il piacere di conoscere personalmente né l’avvocato Rotundo né l’avvocato Staiano, che non è mai stato il mio difensore”.