Cultura & spettacolo

Locri Epizeifiri: l’altra faccia della democrazia

Di questo argomento si è occupato Ignazio D’Angelo, docente presso il Liceo "Berto" di Vibo Valentia, nella sua ultima ricerca

Generico agosto 2024
È possibile la coesistenza di forme di governo così antitetiche come la democrazia, l’aristocrazia e la monarchia nel mondo antico? Di questo argomento si è occupato Ignazio D’Angelo, dottore di ricerca in “Storia del Pensiero e delle Istituzioni Giuridiche Romane”, nel saggio dal titolo “Democrazia e basileia a Locri Epizefirii tra il IV e il III secolo a.C.”, pubblicato sulla rivista internazionale “Mediterranea. International journal on the transfer of knowledge” 9 (2024) pp. 433-468, edita da Charles Burnett (The Warburg Institute, London), Juan Pedro Monferrer-Sala (University of Córdoba), Andrea Aldo Robiglio (KU Leuven).
Allievo dei prof. Marta Sordi (Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) e Felice Costabile (Università Mediterranea di Reggio Calabria), D’Angelo ha pubblicato saggi sulla storia e sulla costituzione di Locri Epizefiri, sulle tabelle locresi, sulla storia di Temesa, sui rapporti tra Siracusa e Locri nel V e nel IV secolo a.C., sulla spedizione ateniese in Sicilia del 427-424 a.C. e sui progetti espansionistici dei due tiranni siracusani, Dionigi I e Dionigi II.
La nuova pubblicazione di D’Angelo, che è anche docente di materie letterarie presso il Liceo Scientifico Statale “G. Berto” di Vibo Valentia, nasce da uno studio approfondito delle note tabelle locresi scoperte in una proprietà privata dell’antica Locri tra il 1958 e il 1959 e studiate da autorevoli storici come A. De Franciscis, D. Musti e F. Costabile, che hanno dedicato delle corpose monografie alle tabelle locresi.
Le famose tavolette, infatti, rappresentano un unicum nel panorama epigrafico dell’antichità: esse sono degli estratti di atti ufficiali eseguiti dal santuario di Zeus che dà in prestito delle somme di denaro alla città per diverse finalità come i lavori alle torri, l’acquisto di armi, l’importazione di cereali, l’esecuzione di ritratti, la manutenzione delle mura di cinta, la contribuzione finanziaria ad un anonimo basileus. (CONTINUA IN BASSO)
Le tabelle testimoniano un cambiamento nella costituzione di Locri Epizefiri rispetto al precedente assetto aristocratico, che era considerato uno dei migliori esempi di buon governo da parte della tradizione letteraria antica (Pindaro, Platone, Demostene, Polibio e Strabone): l’ammirazione degli autori antichi per Locri risiedeva nella inalterabilità e nella stabilità delle sue istituzioni. Le fonti letterarie (Aristotele e Strabone) avvertirono che l’“eunomia” e le antiche istituzioni aristocratiche locresi entrarono in crisi all’epoca del matrimonio tra il tiranno siracusano Dionigi I e la locrese Doride: il loro primo figlio, Dionigi II, una volta cacciato da Siracusa, trovò rifugio a Locri dal 351 al 346 a.C. Il racconto dello storico Giustino sul soggiorno locrese del tiranno rivela che Dionigi II portò avanti una politica antiaristocratica durante la sua permanenza nella città, favorendo nello stesso tempo l’ascesa del demos nel governo della polis.
La nuova ricerca di D’Angelo analizza la costituzione democratica delle tabelle locresi ed è articolata in tre sezioni: nella prima parte, dopo aver esaminato le funzioni della βωλά e del δᾶμος (il consiglio e il popolo), che rappresentano i massimi organi legislativi e normativi e che deliberano in modo congiunto i vari decreti, lo studioso analizza il rapporto tra la democrazia che emerge dalle tabelle e il sistema oligarchico della precedente costituzione, giungendo alla conclusione che l’avvento della democrazia a Locri non fu determinato solo dalla presa di potere del δᾶμος ma anche da una compartecipazione di una parte degli aristocratici, come è evidente dall’onomastica dei magistrati indicati nelle tabelle che presentano nomi composti con il suffisso -ιππος e il prefisso Ἀριστο-.
Nella seconda parte del lavoro D’Angelo descrive i caratteri generali e le funzioni delle varie magistrature che vengono nominate nelle tabelle: ogni magistrato durava in carica un anno ed era inserito in una struttura ternaria, che derivava dalla composizione stessa della popolazione suddivisa in tre tribù, ognuna delle quali si suddivideva in 12 fratrìe, le ripartizioni civiche in cui i cittadini erano registrati. Molti erano i magistrati impegnati nei vari settori della vita politica locrese: il magistrato eponimo dava il nome all’anno, i fatarchi riscuotevano le somme di denaro che il santuario concedeva alla polis, gli ieronnemoni gestivano il tesoro del tempio di Zeus e i depositi ceralicoli, i probuli preparavano le proposte di legge da sottoporre alla βωλά e al δᾶμος, i prodikoi svolgevano funzioni arbitrali, i polemarchi controllavano gli accessi alla città, i tamiai erano addetti alla contabilità del santuario.
Nella terza parte lo studioso affronta il problema relativo alla vexata quaestio dell’identità di un basileus, privo di nome proprio, che viene menzionato in alcune tabelle e che percepisce una contribuzione di migliaia di talenti da parte della città di Locri. Dopo aver passato in rassegna le diverse interpretazioni proposte dagli studiosi nel corso degli anni, D’Angelo propone di identificare il basileus con l’eponimo, il magistrato cittadino, nominato nel prescritto di ogni tabella e privo del titolo magistratuale anche sulla base di un confronto con la polis greca di Argo, dove il basileus aveva una funzione eponimica.
L’anonimato del basileus si spiegherebbe alla luce delle caratteristiche formali delle tabelle, che non sono decreti originali ma estratti di atti ufficiali; pertanto, agli occhi del “redattore” delle tabelle evidentemente doveva risultare superfluo riportare di nuovo il nome personale del basileus eponimo.
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