Cronaca

‘Ndrangheta nel Vibonese: pressioni al figlio pentito, condanna annullata (NOMI)

Prima le minacce, poi la promessa di un futuro lontano dall'Italia

La Corte di Cassazione si è espressa sul ricorso presentato dalla Procura generale riguardo la sentenza emessa lo scorso luglio nel processo ordinario legato alle presunte pressioni della famiglia Mancuso su Emanuele, il collaboratore di giustizia del noto clan di Limbadi. Mancuso, difeso dall’avvocato Antonia Nicolini, aveva deciso di collaborare con le autorità nel 2018, una decisione che avrebbe spinto i suoi familiari a cercare di dissuaderlo.

La Cassazione ha annullato la condanna emessa nei confronti dei genitori di Emanuele, Giovannina Del Vecchio e Pantaleone Mancuso, disponendo un nuovo processo davanti a un’altra sezione della Corte d’Appello. Anche per Giuseppe Salvatore Mancuso, fratello del collaboratore, è stato accolto il ricorso della Procura generale, annullando la condanna a quattro anni e un mese di reclusione. Il nodo centrale riguarda la sussistenza dell’aggravante dell’associazione mafiosa (416bis), che sarà rivalutata in un nuovo processo d’appello.

Confermata, invece, l’assoluzione di Desiree Mancuso, sorella di Emanuele, e della zia Rosaria Del Vecchio, che era stata condannata a un anno e otto mesi in primo grado.

Secondo l’accusa, la decisione di Emanuele Mancuso di collaborare con la giustizia, presa pochi giorni prima della nascita della figlia, avrebbe spinto i familiari a cercare di farlo desistere. Le pressioni si sarebbero articolate su due fronti: minacce di impedirgli di vedere la figlia appena nata e la promessa di un futuro lontano in Spagna, dove avrebbero aperto un bar per lui.

Il nuovo processo permetterà di fare chiarezza sulle dinamiche familiari e sul ruolo effettivo dei parenti di Emanuele Mancuso nel tentativo di ostacolare la sua collaborazione con le autorità.

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